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Recensione: “Il dissimulato spinozismo di Locke”

Written by Foglio Spinoziano on . Posted in blog

Il titolo di questo libro Il dissimulato spinozismo di Locke (titolo originale Locke’s disguised Spinozism) riassume perfettamente l’intento che si pone: mostrare come la forte impronta spinoziana che Locke ebbe durante la sua vita fu sì dissimulata dal Filosofo, ma resa ora chiara dall’attento Wim Klever, autore di questo testo recentemente pubblicato per conto del Foglio Spinoziano. Il tentativo di Klever, Professore Emerito presso la Erasmus University di Rotterdam, è, come da lui stesso rivendicato, mostrare che «la filosofia di Locke è nell’insieme dei suoi concetti fondamentali una specie di riproduzione del lavoro di Spinoza».
Klever, oltre a riportare un’attenta documentazione storiografica dell’ambiente intorno ai due Filosofi, lo mostra accostando in due colonne, da una parte Spinoza e da una parte Locke, testi sia dell’uno che dell’altro. La somiglianza è impressionante, soprattutto negli esempi riportati, e il ghigno che possa trattarsi a volte di un vero e proprio plagio, può capitare non di rado al lettore. Ne riporto per esempio uno solo: Spinoza scrive che «l’uomo perirebbe di fame e di sete se non volesse mangiare e bere prima di aver ottenuto una perfetta dimostrazione del fatto che il cibo e l’acqua gli fanno bene», mentre Locke scrive che «chi non mangiasse se non avesse la dimostrazione che il cibo lo nutrirà avrebbe poco da fare se non star fermo e perire».
Nella prima parte del libro Klever si preoccupa di informare il lettore di come Locke possa aver conosciuto e studiato Spinoza. Basterebbe forse il solo sapere che la ricca libreria di Locke conteneva gli scritti di Spinoza: possedeva senz’altro un volume degli Opera Posthuma, e un Tractatus Theologico-Politicus. In ogni caso, la ricostruzione dell’ambiente oxfordiano intorno a Locke è schiacciante: quella che emerge è principalmente la figura del chimico e fisico Robert Boyle, intimo amico di Locke nonché del diplomatico e letterato Henry Oldenburg (che era anche segretario dello stesso Boyle), il quale, come sappiamo, fu in contatto epistolare per diverso tempo con Spinoza. E’ proprio in questo ambiente che circolavano le lettere di Spinoza a Oldenburg e non è un caso che alcune dissimulazioni di Locke prendano spunto proprio da queste lettere.
La figura di Spinoza in quegli anni era vista in modo assolutamente negativo: l’accusa di spinozismo pesava come diffamatoria e lo stesso Locke si guardò bene dall’ammettere la conoscenza di Spinoza. L’attento studio di Spinoza da parte di Locke emerge ancora più nettamente nel suo An Essay Concerning Human Understanding (Saggio sull’Intelletto Umano) che, come dice Klever, è perlopiù «una specie di “copia” dell’Ethica 2 (De natura et orgine mentis)».
L’affermazione di Klever è forte e a mio avviso differenze tra i due rimangono, eppure le teorie lockiane sulla mente, la mente come idea dell’idea, la natura delle idee e in cosa queste consistano, l’anticartesianesimo, il concetto duale mente-corpo e le nozioni comuni, sono tutti argomenti di carattere squisitamente spinoziano da cui Locke attinse molto. Moltissimo.
Anche sulla natura del linguaggio i due furono d’accordo. Spinoza: «Le parole ottengono il loro significato esclusivamente dal loro utilizzo »; Locke: « L’uso comune regola il significato delle parole». Che Locke abbia letto e ben studiato Spinoza è assolutamente fuori dubbio, come è assolutamente fuori dubbio il fatto che cercava di nasconderlo quanto più gli era possibile.
Come sappiamo, Locke è passato alla storia soprattutto come Filosofo politico, come padre del liberalismo e di regimi anti-totalitari. Le sue teorie liberali sono tuttora vive e presenti nelle nostre moderne società. Non ci sorprenderà a questo punto sapere che la famosa teoria del “consenso comune” era già presente nel Tractatus Theologico-Politicus, nel Tractatus Politicus, e in alcune parti della Quarta Parte dell’Ethica. Troppo spesso ci si dimentica dello Spinoza politico e delle sue teorie liberali sulla democrazia, forse il primo ad aver dato così ampia risonanza e importanza alla democrazia; importanza che traspare in maniera forse troppo evidente nei Two Treatises of Goverment, da parte poi di un autore che, come documenta Klever, fino al 1679, non si era occupato per nulla di politica.
Come già detto, la figura di Spinoza era in quegli anni vista come una minaccia per la società e l’ambiente che circondava John Locke, l’Inghilterra puritana, ne portava solenne la voce. Quando Locke si difese dalle accuse di spinozismo dal vescovo Stillingfleet, ebbe a dire: «Non sono così ben istruito su Hobbes o Spinoza da poter dire quali furono le loro opinioni». Gesto, questo, che mostra un Locke molto diplomatico e attento alle relazioni pubbliche che intessevano la sua vita da filosofo.
Il dissimulato spinozismo di Locke è quindi un libro fondamentale per ricostruire la gestazione delle opere lockiane e la grande germinazione che ebbero le rivoluzionarie idee di Spinoza nel XVII secolo.
Daniele D’Amico
Wim Klever, “Il dissimulato spinozismo di Locke”
traduzione a cura di Cinzia Carantoni
editing e revisione di Giovanni Croce e Paola Teresa Grassi
Pag. 140, 2012, 10 Euro
 

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